LA PACE ATTRAVERSO IL DIRITTO  NEL MAGISTERO DI PAPA FRANCESCO

 

Francesco è vivo

 

 

 

 

 

Il dolore per la scomparsa di Francesco non può far prevalere la tristezza sulla

gratitudine per il messaggio che ci ha lasciato. Voglio ricordare le sue parole di pace

in un saggio che ho scritto sul suo magistero pubblicato su costituzionalismo.it

Domenico Gallo

LA PACE ATTRAVERSO IL DIRITTO  NEL MAGISTERO DI PAPA FRANCESCO

1. La Pace ed il Diritto nell’Ordinamento internazionale
E’ un dato di fatto che il progetto di ordine internazionale, preannunciato dalla Carta
Atlantica (14 agosto 1941), partorito con la Carta delle Nazioni Unite (26 giugno
1945) e fondato sulla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo (10 dicembre
1948), non si è mai completamente realizzato e adesso sta attraversando una crisi
profonda che ne mette in dubbio persino l’esistenza giuridica dei suoi assiomi
principali. L’ordine internazionale prefigurato dalla Carta ONU in qualche modo
raccoglieva la sfida del perseguimento di una pace stabile ed universale fra le
Nazioni da realizzarsi attraverso il diritto, sulla falsariga dell’insegnamento di Hans
Kelsen in Peace through Law.[1] La novità principale del nuovo diritto internazionale
post-bellico consisteva nella messa al bando della guerra, proclamata
categoricamente dall’art. 2, comma 4, della Carta di San Francisco: «I membri
devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall’uso della
forza, sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia
in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite.»
La Carta delle Nazioni unite non ha messo la guerra fuori dalla Storia (non avrebbe
potuto), ma l’ha messa fuori dal diritto[2], espungendo dalle prerogative della
sovranità lo ius ad bellum, o quanto meno degradandolo.[3] Si è trattato di una
scelta politica che ha cambiato la natura del diritto realizzando la fusione fra la
tecnica giuridica ed un’istanza etica di valore universale. La Dichiarazione universale
dei diritti dell’uomo ha completato questo processo attraverso l’inserimento nel
diritto internazionale di una tavola di valori che mette al centro la dignità di ogni
essere umano, in questo modo ponendo le basi del diritto internazionale dei diritti
umani. Questa è stata la vera lezione positiva che l’umanità ha tratto uscendo dalla

notte della Seconda guerra mondiale, la gloria del Novecento (come scriveva Italo
Mancini)[4], il patrimonio morale che l’Occidente (compresi i Paesi socialisti) ha
costruito per l’umanità intera.
Il diritto internazionale, sotto il profilo del bando della guerra e della tutela dei diritti
fondamentali dell’uomo, si colloca su un crinale aspro e roccioso, battuto dai venti
della Storia, alla frontiera fra la Storia e la filosofia, fra l’etica e la tecnica del diritto.
A questa frontiera si può arrivare da più versanti, attraverso il sentiero della Storia o
del pensiero filosofico o attraverso quello dell’etica. E’ attraverso il sentiero
dell’etica che Papa Francesco è arrivato a confrontarsi con il diritto internazionale e
ad ergersi, unico leader politico mondiale, a difensore dei valori universali del
diritto, non più e non solo Defensor fidei, ma –  per quello che più ci riguarda
– Defensor iuris humanitatis.
2. Prima di tutto la pace!
La pace è al centro del messaggio dell’evangelizzazione cristiana.
«Offrire la pace è al cuore della missione dei discepoli di Cristo – osserva Francesco
nel messaggio per la celebrazione della LII giornata mondiale della pace, il 1°
gennaio 2019 – E questa offerta è rivolta a tutti coloro, uomini e donne, che sperano
nella pace in mezzo ai drammi e alle violenze della storia umana. (..) La “casa” di cui
parla Gesù è ogni famiglia, ogni comunità, ogni Paese, ogni continente, nella loro
singolarità e nella loro storia; è prima di tutto ogni persona, senza distinzioni né
discriminazioni. È anche la nostra “casa comune”: il pianeta in cui Dio ci ha posto ad
abitare e del quale siamo chiamati a prenderci cura con sollecitudine.»[5]
Bergoglio sa che la pace fra le Nazioni si costruisce nell’ordinamento politico e gli
strumenti sono quelli forniti dal diritto internazionale, in primis la Carta delle Nazioni
Unite, per questo, come leader politico, si spende per dare attuazione alla Carta.
Il 25 settembre 2015 di fronte all’Assemblea Generale delle Nazioni unite sottolinea
che: «il preambolo e il primo articolo della carta delle Nazioni unite indicano quali
fondamenta della costruzione giuridica internazionale la pace, la soluzione pacifica
delle controversie e lo sviluppo delle relazioni amichevoli fra le Nazioni. Contrasta
fortemente con queste affermazioni, e le nega nella pratica, la tendenza sempre
presente alla proliferazione delle armi specialmente quelle di distruzione di massa
come possono essere quelle nucleari. Un’etica e un diritto basati sulla minaccia della
distruzione reciproca – e potenzialmente di tutta l’umanità – sono contraddittori e

costituiscono una frode verso tutta la costruzione delle Nazioni unite che
diventerebbero: “”Nazioni Unite dalla paura e dalla sfiducia“”. Occorre impegnarsi
per un mondo senza armi nucleari applicando pienamente il trattato di non
proliferazione nella lettera e nello spirito, verso una totale proibizione di questi
strumenti.»[6]
Nell’Udienza generale del 10 marzo del 2021, il Pontefice ritorna sulla disumanità
della guerra, la guerra è un mostro che distrugge l’umanità e il mondo:
«La guerra è il mostro che, col passare delle epoche, si trasforma e continua a
divorare l’umanità. Ma la risposta alla guerra non è un’altra guerra, la risposta alle
armi non sono altre armi (..) la risposta non è la guerra ma la fraternità. Questa è la
sfida per l’Iraq, ma non solo: è la sfida per tante regioni di conflitto, e in definitiva è
la sfida per il mondo intero: la fraternità. Saremo capaci noi di fare la fraternità fra
noi, di fare una cultura di fratelli? O continueremo con la logica iniziata da Caino, la
guerra?» [7]
Nell’Enciclica Fratelli tutti, Francesco esprime la preoccupazione per il crescente
degrado dell’ordine internazionale e conia la famosa espressione della «Terza guerra
mondiale a pezzi».
«Guerre, attentati, persecuzioni per motivi razziali o religiosi, e tanti soprusi contro
l’umano giudicati in modi diversi a seconda che convengano o meno a determinati
interessi, essenzialmente economici. Ciò che è vero quando conviene a un potente
cessa di esserlo quando non è nel suo interesse. Tali situazioni di violenza vanno
moltiplicandosi dolorosamente in molte regioni del mondo tanto da assumere le
fattezze di quella che si potrebbe chiamare una Terza guerra mondiale a pezzi.»[8]
3. Il Ripudio delle armi nucleari attraverso il diritto
Francesco si rende conto che dal ripudio della guerra, concepita realisticamente
dalla Carta dell’ONU come un flagello per l’umanità, deriva l’inammissibilità delle
armi di sterminio di massa, specialmente le armi nucleari. La strada per liberarsi
delle armi nucleari passa attraverso il diritto. Il disfavore dell’opinione pubblica
verso le armi nucleari ha portato più volte l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite
a dichiarare che l’uso delle armi nucleari rappresenterebbe una violazione della
Carta dell’ONU ed un crimine contro l’umanità, fino ad arrivare ad una Risoluzione,
approvata il 15 dicembre 1994, con la quale l’Assemblea Generale ha interpellato la
Corte Internazionale di Giustizia richiedendo un parere consultivo sulla liceità delle

armi nucleari. Nel giudizio che si è svolto innanzi alla Corte dell’Aja, tutti gli Stati
membri della NATO, compresa l’Italia, sono intervenuti chiedendo di rigettare la
richiesta, assumendo che la questione non poteva essere giudicata dal diritto. La CIG
si è pronunciata con una sentenza resa pubblica l’8 luglio 1996 con la quale ha
respinto decisamente la tesi che voleva relegare la questione dell’uso delle armi
nucleari al di fuori del perimetro del diritto confinandola nel campo delle “political
question”, ed ha affermato che, nella generalità dei casi, l’uso delle armi nucleari è
illegale perché inconciliabile con il diritto bellico umanitario. La battaglia per la
messa al bando delle armi nucleari è proseguita in sede ONU, fino ad arrivare ad una
storica Risoluzione, approvata dall’Assemblea Generale il 26 dicembre 2016, con la
quale è stata convocata una Conferenza internazionale finalizzata a negoziare uno
strumento giuridicamente vincolante sulla proibizione delle armi nucleari. La
Conferenza ha concluso i suoi lavori adottando il testo di un Trattato per la messa al
bando e la totale eliminazione delle armi nucleari. Il Trattato è stato approvato da
122 paesi (quasi due terzi dei membri dell’ONU) il 7 luglio 2017 ed è entrato in
vigore il 22 gennaio 2021. Inutile dire che i Paesi membri della NATO hanno cercato
di boicottare i lavori della Conferenza internazionale rifiutandosi perfino di
parteciparvi (salvo l’Olanda, inviata come osservatore). Al contrario, Papa Francesco
ha assunto la battaglia per la messa al bando, nell’ordinamento politico, delle armi
nucleari come un impegno centrale del suo magistero.
Il 23 marzo 2017 ha inviato un messaggio di sostegno e di incoraggiamento ai lavori
della Conferenza:
«Saluto cordialmente Lei, Signora Presidente, e tutti i rappresentanti delle varie
Nazioni, Organizzazioni Internazionali e società civile che partecipano a questa
Conferenza. Desidero incoraggiarvi a lavorare con determinazione per promuovere
le condizioni necessarie per un mondo senza armi nucleari». Dopo aver richiamato il
proprio intervento di fronte all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 25
settembre 2015, osserva il Pontefice:
«Se si prendono in considerazione le principali minacce alla pace e alla sicurezza con
le loro molteplici dimensioni in questo mondo multipolare del XXI secolo, come, ad
esempio, il terrorismo, i conflitti asimmetrici, la sicurezza informatica, le
problematiche ambientali, la povertà, non pochi dubbi emergono circa
l’inadeguatezza della deterrenza nucleare a rispondere efficacemente a tali sfide.
Siffatte preoccupazioni assumono ancor più consistenza quando consideriamo le
catastrofiche conseguenze umanitarie e ambientali che derivano da qualsiasi utilizzo

degli ordigni nucleari con devastanti effetti indiscriminati e incontrollabili nel tempo
e nello spazio. Simile motivo di preoccupazione emerge di fronte allo spreco di
risorse per il nucleare a scopo militare, che potrebbero invece essere utilizzate per
priorità più significative, quali la promozione della pace e dello sviluppo umano
integrale, così come la lotta alla povertà e l’attuazione dell’Agenda 2030 per lo
sviluppo sostenibile. Dobbiamo anche chiederci quanto sia sostenibile un equilibro
basato sulla paura, quando esso tende di fatto ad aumentare la paura e a minare le
relazioni di fiducia fra i popoli. La pace e la stabilità internazionali non possono
essere fondate su un falso senso di sicurezza, sulla minaccia di una distruzione
reciproca o di totale annientamento, sul semplice mantenimento di un equilibrio di
potere. La pace deve essere costruita sulla giustizia, sullo sviluppo umano integrale,
sul rispetto dei diritti umani fondamentali, sulla custodia del creato, sulla
partecipazione di tutti alla vita pubblica, sulla fiducia fra i popoli, sulla promozione di
istituzioni pacifiche, sull’accesso all’educazione e alla salute, sul dialogo e sulla
solidarietà. In questa prospettiva, abbiamo bisogno di andare oltre la deterrenza
nucleare: la comunità internazionale è chiamata ad adottare strategie lungimiranti
per promuovere l’obiettivo della pace e della stabilità ed evitare approcci miopi ai
problemi di sicurezza nazionale e internazionale. In tale contesto, l’obiettivo finale
dell’eliminazione totale delle armi nucleari diventa sia una sfida, sia un imperativo
morale e umanitario. Un approccio concreto dovrebbe promuovere una riflessione
su un’etica della pace e della sicurezza cooperativa multilaterale che vada al di là
della “paura” e dell’“isolazionismo” che prevale oggi in numerosi dibattiti. Il
conseguimento di un mondo senza armi nucleari richiede processi di lungo periodo,
basati sulla consapevolezza che “tutto è connesso”, in un’ottica di ecologia integrale
(cfr. Laudato si’, 117, 138). Il destino condiviso dell’umanità richiede di rafforzare,
con realismo, il dialogo e costruire e consolidare meccanismi di fiducia e di
cooperazione, capaci di creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari. La
crescente interdipendenza e la globalizzazione significano che qualunque risposta
diamo alla minaccia delle armi nucleari, essa debba essere collettiva e concertata,
basata sulla fiducia reciproca. Quest’ultima può essere costruita solo attraverso un
dialogo che sia sinceramente orientato verso il bene comune e non verso la tutela di
interessi velati o particolari; questo dialogo dovrebbe essere il più inclusivo possibile
di tutti: Stati nucleari, Paesi non possessori di armi nucleari, settore militare e quello
privato, comunità religiose, società civile, Organizzazioni internazionali. In questo
sforzo dobbiamo evitare quelle forme di recriminazione reciproca e di polarizzazione
che intralciano il dialogo invece di incoraggiarlo. L’umanità ha la capacità di lavorare

insieme per costruire la nostra casa comune; abbiamo la libertà, l’intelligenza e la
capacità di guidare e dirigere la tecnologia, così come di limitare il nostro potere, e
di metterli al servizio di un altro tipo di progresso: più umano, più sociale e più
integrale. Questa Conferenza intende negoziare un Trattato ispirato da argomenti
etici e morali. Si tratta di un esercizio di speranza e mi auguro che possa
rappresentare anche un passo decisivo nel cammino verso un mondo senza armi
nucleari. Sebbene questo sia un obiettivo di lungo periodo estremamente
complesso, non è al di fuori della nostra portata. Signora Presidente, formulo i miei
migliori auguri affinché i lavori di questa Conferenza possano essere proficui e diano
un contributo efficace nell’avanzamento di quell’etica della pace e della sicurezza
cooperativa multilaterale, di cui oggi l’umanità ha tanto bisogno».[9]
Del resto, Papa Francesco aveva già espresso chiaramente il suo pensiero e si era
pronunciato sulla follia criminale delle armi nucleari, nel messaggio in occasione
della Conferenza sull’impatto umanitario delle armi nucleari, Vienna 7 dicembre
2014:
«Le armi nucleari – osserva il Pontefice – sono un problema globale, che colpisce
tutte le nazioni, e avranno un impatto sulle generazioni future, come pure sul
pianeta, che è la nostra casa. Occorre un’etica globale se vogliamo ridurre la
minaccia nucleare ed operare per un disarmo nucleare. Ora più che mai,
l’interdipendenza tecnologica, sociale e politica esige urgentemente un’etica di
solidarietà (cfr Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 38), che incoraggi i popoli ad
operare insieme per un mondo più sicuro ed un futuro che sia radicato sempre più
nei valori morali e sulla responsabilità in una dimensione globale. Le conseguenze
umanitarie delle armi nucleari sono prevedibili e planetarie. Mentre spesso ci si
concentra sul potenziale delle armi nucleari per le uccisioni di massa, si deve porre
maggior attenzione sulle “sofferenze non necessarie” causate dal loro uso. I codici
militari e il diritto internazionale, tra gli altri, hanno da tempo condannato persone
che hanno inflitto sofferenze non necessarie. Se simili sofferenze sono condannate
nel corso di una guerra convenzionale, allora dovrebbero ben di più essere
condannate nel caso di conflitto nucleare. Vi sono coloro, tra noi, che sono vittime di
tali armi; essi ci mettono in guardia a non commettere gli stessi irreparabili errori,
che hanno devastato popolazioni e la creazione. Porgo i miei calorosi saluti agli
Hibakusha, come pure alle altre vittime degli esperimenti delle armi nucleari,
presenti a questo incontro. Incoraggio tutti loro ad essere voci profetiche,
richiamando la famiglia umana ad un più profondo apprezzamento della bellezza,

dell’amore, della cooperazione e della fraternità, ricordando allo stesso tempo al
mondo i rischi delle armi nucleari, le quali hanno il potenziale di distruggere noi e la
civiltà. La deterrenza nucleare e la minaccia della distruzione reciproca assicurata
non possono essere la base di un’etica di fraternità e di pacifica coesistenza tra i
popoli e gli Stati. I giovani d’oggi e di domani hanno diritto a molto di più. Hanno il
diritto ad un pacifico ordine mondiale, basato sull’unità della famiglia umana,
fondato sul rispetto, sulla cooperazione, sulla solidarietà e sulla compassione. Il
tempo di contrastare la logica della paura con l’etica della responsabilità è adesso,
così da promuovere un clima di fiducia e di dialogo sincero. Spendere in armi
nucleari dilapida la ricchezza delle nazioni. Dare priorità a simili spese è un errore e
uno sperpero di risorse che sarebbero molto meglio investite nelle aree dello
sviluppo umano integrale, dell’educazione, della salute e della lotta all’estrema
povertà. Quando tali risorse sono dilapidate, i poveri e i deboli che vivono ai margini
della società ne pagano il prezzo. Il desiderio di pace, di sicurezza e di stabilità è uno
dei desideri più profondi del cuore umano, poiché esso è radicato nel Creatore, che
fa membri della famiglia umana tutti i popoli. Tale aspirazione non può mai essere
soddisfatta soltanto da mezzi militari, e meno che mai dal possesso di armi nucleari
ed altre armi di distruzione di massa. La pace non “può ridursi unicamente a rendere
stabile l’equilibrio delle forze avverse; essa non è effetto di una dispotica
dominazione” (Gaudium et spes, 78). La pace deve essere costruita sulla giustizia,
sullo sviluppo socio-economico, sulla libertà, sul rispetto dei diritti umani
fondamentali, sulla partecipazione di tutti agli affari pubblici e sulla costruzione di
fiducia fra i popoli. (..) Nel contesto della presente Conferenza, desidero
incoraggiare un dialogo sincero e aperto tra parti che sono all’interno di ogni Stato
che possiede armi nucleari, fra vari Stati che hanno armi nucleari, e fra questi e gli
Stati sprovvisti di armi nucleari. Un simile dialogo deve essere inclusivo,
coinvolgendo le organizzazioni internazionali, le comunità religiose e la società civile;
esso deve essere orientato verso il bene comune e non verso la protezione di
interessi particolari. “Un mondo senza armi nucleari” è un obiettivo condiviso da
tutte le nazioni, del quale si sono fatti portavoce i leader mondiali, come pure
l’aspirazione di milioni di uomini e donne. Il futuro e la sopravvivenza della famiglia
umana si impernia sull’andar oltre a tale obiettivo e assicurarsi che esso divenga
realtà».[10]
Nel suo viaggio apostolico in Giappone, il Papa dal memoriale della pace di
Hiroshima il 24 novembre 2019, aveva ribadito, con parole toccanti, la sua denuncia

delle armi nucleari: «Qui, di tanti uomini e donne, dei loro sogni e speranze, in
mezzo a un bagliore di folgore e fuoco, non è rimasto altro che ombra e silenzio.
Appena un istante, tutto venne divorato da un buco nero di distruzione e morte. Da
quell’abisso di silenzio, ancora oggi si continua ad ascoltare il forte grido di coloro
che non sono più. Provenivano da luoghi diversi, avevano nomi diversi, alcuni di loro
parlavano diverse lingue. Sono rimasti tutti uniti da uno stesso destino, in un’ora
tremenda che segnò per sempre non solo la storia di questo Paese, ma il volto
dell’umanità. (..) Ho sentito il dovere di venire in questo luogo come pellegrino di
pace, per rimanere in preghiera, ricordando le vittime innocenti di tanta violenza,
portando nel cuore anche le suppliche e le aspirazioni degli uomini e delle donne del
nostro tempo, specialmente dei giovani, che desiderano la pace, lavorano per la
pace, si sacrificano per la pace. Sono venuto in questo luogo pieno di memoria e di
futuro portando con me il grido dei poveri, che sono sempre le vittime più indifese
dell’odio e dei conflitti. (..) Con convinzione desidero ribadire che l’uso dell’energia
atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine, non solo contro l’uomo e
la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune. L’uso
dell’energia atomica per fini di guerra è immorale, come allo stesso modo è
immorale il possesso delle armi atomiche, come ho già detto due anni fa. Saremo
giudicati per questo. Le nuove generazioni si alzeranno come giudici della nostra
disfatta se abbiamo parlato di pace ma non l’abbiamo realizzata con le nostre azioni
tra i popoli della terra. Come possiamo parlare di pace mentre costruiamo nuove e
formidabili armi di guerra? Come possiamo parlare di pace mentre giustifichiamo
determinate azioni illegittime con discorsi di discriminazione e di odio? »[11]
Dopo aver appoggiato con entusiasmo i lavori della Conferenza che ha negoziato il
Trattato per la proibizione delle armi nucleari, il Pontefice è intervenuto anche alla
prima riunione degli Stati parte al Trattato inviando, il 21 giugno 2022, un messaggio
letto da s.e. mons. Paul r. Gallagher, segretario per i rapporti con gli Stati e le
Organizzazioni internazionali. La guerra in Ucraina era già scoppiata da alcuni mesi,
nel messaggio del Papa si avverte la consapevolezza che si sono aperti nuovi scenari
di distruzione e morte per cui: «Nel contesto attuale, parlare di disarmo o sostenerlo
può apparire paradossale a molti. Ciononostante, – osserva il Pontefice – dobbiamo
restare consapevoli dei pericoli di approcci miopi alla sicurezza nazionale e
internazionale e ai rischi di proliferazione. Come tutti sappiamo bene, se non lo
facciamo, il prezzo è inevitabilmente pagato da un numero di vite innocenti prese e
misurato in termini di carneficina e di distruzione. Di conseguenza, rinnovo con

enfasi il mio appello a far tacere tutte le armi e a eliminare le cause dei conflitti
attraverso l’instancabile ricorso ai negoziati: “Chi fa la guerra dimentica l’umanità”.
La pace è indivisibile, e per essere veramente equa e duratura, deve essere
universale. È un modo di ragionare ingannevole e controproducente pensare che la
sicurezza e la pace di alcuni siano disgiunte dalla sicurezza collettiva e la pace di altri.
(..) La Santa Sede è certa che un mondo libero dalle armi nucleari è sia necessario sia
possibile. In un sistema di sicurezza collettiva, non c’è posto per le armi nucleari e
per altre armi di distruzione di massa. (..) Desidero riaffermare qui che l’uso di armi
nucleari, come pure il loro mero possesso, è immorale. Cercare di difendere e di
assicurare la stabilità e la pace attraverso un falso senso di sicurezza e un “equilibrio
del terrore”, sostenuti da una mentalità di paura e di sfiducia, conduce
inevitabilmente a rapporti avvelenati tra popoli e ostacola ogni possibile forma di
vero dialogo. Il loro possesso conduce facilmente a minacce del loro uso, diventando
una sorta di “ricatto” che dovrebbe essere aberrante per le coscienze
dell’umanità.(..) I trattati di disarmo esistenti sono molto più di meri obblighi
giuridici. Sono anche impegni morali basati sulla fiducia tra Stati e tra i loro
rappresentanti, radicati nella fiducia che i cittadini ripongono nei loro governi, con
conseguenze etiche per le attuali e future generazioni dell’umanità. Adesione a, e
rispetto per, gli accordi di disarmo internazionali e il diritto internazionale non è una
forma di debolezza. Al contrario, è una fonte di forza e di responsabilità in quanto
accresce la fiducia e la stabilità. (..) Concludendo, mentre ponete le basi per
l’attuazione di questo Trattato, desidero incoraggiarvi, rappresentanti degli Stati,
organizzazioni internazionali e società civile, a continuare lungo il cammino da voi
scelto di promuovere una cultura di vita e pace basata sulla dignità della persona
umana e sulla consapevolezza che siamo tutti fratelli e sorelle».[12]
4. Pace, dignità e Diritti Umani
Com’è noto la Dichiarazione universale dei Diritti Umani ha incontrato forti
resistenze nei Paesi islamici, non è stata accettata, fino al punto che ad essa sono
state contrapposte varie dichiarazioni islamiche dei diritti umani. Una Dichiarazione
islamica dei diritti dell’uomo venne proclamata il 19 settembre 1981 presso
l’UNESCO a Parigi. Essa fu preceduta da un intervento presso le Nazioni Unite da
parte del rappresentante iraniano Saʿid Rajaie Khorasani, secondo il quale la
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo rappresentava “una interpretazione
laica della tradizione giudaico-cristiana” che non avrebbe potuto essere attuata dai
musulmani senza violare la legge dell’Islam.[13] Si tratta di un testo composto da 23

articoli che segue la falsariga degli articoli della Dichiarazione Universale, ma
interviene per limitare il tessuto dei diritti e marcare la supremazia della legge
islamica sui diritti della persona. Tanto per fare un esempio, in tema di libertà del
pensiero, di fede e di religione, la Dichiarazione universale recita:
«Articolo 18
Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale
diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare,
isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il
proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti.
Articolo 19
Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di
non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e
diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere».
mentre nella Dichiarazione islamica del 1981 troviamo:
«Art. 12 – Il diritto alla libertà di pensiero, di fede e di parola:
Ogni persona ha il diritto di pensare e di credere, e di esprimere quello che pensa e
crede, senza intromissione alcuna da parte di chicchessia, fino a che rimane nel
quadro dei limiti generali che la Legge islamica prevede a questo proposito.
Nessuno, infatti, ha il diritto di propagandare la menzogna o di diffondere ciò che
potrebbe incoraggiare la turpitudine o offendere la Comunità islamica».
In seguito gli Stati Membri dell’Organizzazione della Conferenza Islamica, hanno
adottato la Dichiarazione del Cairo sui diritti umani nell’Islam (1990). Anche questa
Dichiarazione si muove sulla falsariga delle dichiarazioni dei diritti adottate in
ambito ONU, rimane ferma, però, in ogni campo la supremazia della legge islamica
sui diritti della persona. In particolare viene “”funzionalizzata“” la libertà di
espressione del pensiero:
« Articolo 22
a) Ognuno ha il diritto di esprimere liberamente la propria opinione in un modo che
non contravvenga ai principi della Shari’ah.

b) Ognuno ha il diritto di sostenere ciò che è giusto e propagandare ciò che è buono
e mettere in guardia contro ciò che è sbagliato e malvagio secondo le norme della
Shari’ah islamica.
c) L’informazione è una necessità vitale per la società. Essa non può essere sfruttata
o usata in modo scorretto in modo tale da poter violare le cose sacre e la dignità dei
Profeti, sminuire i valori morali e etici o disgregare, corrompere o ledere la società o
indebolirne la fede.»[14]
Successivamente  il 15 settembre 1994 il Consiglio della Lega degli Stati Arabi (Lega
Araba), ha adottato la Carta araba dei Diritti dell’Uomo, emendata in occasione del
Summit della Lega Araba del 22-23 maggio 2004. Si tratta di un documento che fa
dei significativi passi avanti rispetto alla precedenti Dichiarazioni e che concepisce
anche l’ambizioso progetto di un “Comitato arabo per i diritti umani” sulla falsariga
del Comitato per i Diritti umani della Nazioni Unite (OHCHR). [15]
Uno dei risultati più significativi del Pontificato di Papa Francesco è quello
conseguito durante il viaggio apostolico negli Emirati arabi (3-5 febbraio 2019) che si
è concluso con l’emanazione di uno straordinario Documento sulla fratellanza
umana per la pace mondiale e la convivenza comune, concordato con il Grande
Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb. L’importanza di questo documento sta nel
ripudio di ogni forma di integralismo religioso e nella sconfessione di ogni ideologia
volta a legittimare lo scontro fra le religioni, attizzato dal dilagare in Europa e nel
Medio Oriente del terrorismo islamico sulla scia della barbarica esperienza dello
Stato islamico in Siria e in Irak. Con questo documento Francesco supera la frattura
storica e antropologica fra l’universo islamico e quello cristiano attraverso il
riconoscimento del superiore principio della fratellanza umana. Il Documento è una
pietra miliare non solo nei rapporti fra cristianesimo e Islam, indicando come
bussole la cultura del dialogo, la collaborazione comune e la conoscenza reciproca,
ma si rivolge a tutta la Comunità internazionale con l’appello per porre fine alle
guerre e la condanna delle piaghe del terrorismo e della violenza, specialmente
quella rivestita di motivazioni religiose. Il documento di Abu Dhabi si basa sullo
stesso presupposto della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che esiste una
sola famiglia umana, che tutti gli uomini nascono liberi e hanno pari dignità.
Utilizzando un linguaggio comprensibile ad entrambe le comunità religiose,
il Documento sulla fratellanza umana può essere letto in modo sinottico con

la Dichiarazione Universale dei Diritti umani, partendo dalla premessa che, in
qualche modo richiama il Preambolo della Dichiarazione Universale:
«In nome di Dio che ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e
nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro, per popolare la
terra e diffondere in essa i valori del bene, della carità e della pace.
In nome dell’innocente anima umana che Dio ha proibito di uccidere, affermando
che chiunque uccide una persona è come se avesse ucciso tutta l’umanità e
chiunque ne salva una è come se avesse salvato l’umanità intera. (..)
In nome degli orfani, delle vedove, dei rifugiati e degli esiliati dalle loro dimore e dai
loro paesi; di tutte le vittime delle guerre, delle persecuzioni e delle ingiustizie; dei
deboli, di quanti vivono nella paura, dei prigionieri di guerra e dei torturati in
qualsiasi parte del mondo, senza distinzione alcuna.
In nome dei popoli che hanno perso la sicurezza, la pace e la comune convivenza,
divenendo vittime delle distruzioni, delle rovine e delle guerre.
In nome della» fratellanza umana «che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende
uguali. In nome di questa fratellanza lacerata dalle politiche di integralismo e
divisione e dai sistemi di guadagno smodato e dalle tendenze ideologiche odiose,
che manipolano le azioni e i destini degli uomini.
In nome della libertà, che Dio ha donato a tutti gli esseri umani, creandoli liberi e
distinguendoli con essa.
In nome della giustizia e della misericordia, fondamenti della prosperità e cardini
della fede. In nome di tutte le persone di buona volontà, presenti in ogni angolo
della terra.
In nome di Dio e di tutto questo, Al-Azhar al-Sharif – con i musulmani d’Oriente e
d’Occidente –, insieme alla Chiesa Cattolica – con i cattolici d’Oriente e d’Occidente
–, dichiarano di adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune
come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio».
Partendo da questa premessa, il Pontefice ed il Grande Iman di Abu Dhabi chiedono:
«ai Leader del mondo, agli artefici della politica internazionale e dell’economia
mondiale, di impegnarsi seriamente per diffondere la cultura della tolleranza, della
convivenza e della pace; di intervenire, quanto prima possibile, per fermare lo

spargimento di sangue innocente, e di porre fine alle guerre, ai conflitti, al degrado
ambientale e al declino culturale e morale che il mondo attualmente vive.(..)
La storia afferma – prosegue il documento – che l’estremismo religioso e nazionale e
l’intolleranza hanno prodotto nel mondo, sia in Occidente sia in Oriente, ciò che
potrebbe essere chiamato i segnali di una «terza guerra mondiale a pezzi», segnali
che, in varie parti del mondo e in diverse condizioni tragiche, hanno iniziato a
mostrare il loro volto crudele; situazioni di cui non si conosce con precisione quante
vittime, vedove e orfani abbiano prodotto. Inoltre, ci sono altre zone che si
preparano a diventare teatro di nuovi conflitti, dove nascono focolai di tensione e si
accumulano armi e munizioni, in una situazione mondiale dominata dall’incertezza,
dalla delusione e dalla paura del futuro e controllata dagli interessi economici
miopi».
A questo punto il Documento prende di petto il tema dei conflitti generati
dall’integralismo religioso e sconfessa l’uso politico delle religioni per seminare la
discordia e la violenza nella famiglia umana:
«Altresì dichiariamo – fermamente – che le religioni non incitano mai alla guerra e
non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o
allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli
insegnamenti religiosi, dell’uso politico delle religioni e anche delle interpretazioni di
gruppi di uomini di religione che hanno abusato – in alcune fasi della storia –
dell’influenza del sentimento religioso sui cuori degli uomini per portali a compiere
ciò che non ha nulla a che vedere con la verità della religione, per realizzare fini
politici ed economici mondani e miopi. Per questo noi chiediamo a tutti di cessare di
strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al
fanatismo cieco e di smettere di usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio,
di esilio, di terrorismo e di oppressione. Lo chiediamo per la nostra fede comune in
Dio, che non ha creato gli uomini per essere uccisi o per scontrarsi tra di loro e
neppure per essere torturati o umiliati nella loro vita e nella loro esistenza. Infatti
Dio, l’Onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il
Suo nome venga usato per terrorizzare la gente.»
Di conseguenza:
«Il terrorismo esecrabile che minaccia la sicurezza delle persone, sia in Oriente che
in Occidente, sia a Nord che a Sud, spargendo panico, terrore e pessimismo non è
dovuto alla religione – anche se i terroristi la strumentalizzano – ma è dovuto alle

accumulate interpretazioni errate dei testi religiosi, alle politiche di fame, di povertà,
di ingiustizia, di oppressione, di arroganza; per questo è necessario interrompere il
sostegno ai movimenti terroristici attraverso il rifornimento di denaro, di armi, di
piani o giustificazioni e anche la copertura mediatica, e considerare tutto ciò come
crimini internazionali che minacciano la sicurezza e la pace mondiale. Occorre
condannare un tale terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni.»
Anche il tema della libertà e dei diritti viene rivisitato, con l’effetto di ristabilire – per
quanto possibile – i principi della Dichiarazione Universale, superando i limiti delle
varie Dichiarazioni islamiche dei diritti umani:
«La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di
pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore,
di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha
creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla
libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di
costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come
pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano.»[16]
5. L’Ucraina, la NATO che abbaia, il contrasto al partito unico della guerra
Il 24 febbraio 2022 si è fatto buio all’improvviso. Una guerra feroce e catastrofica è
scoppiata sul confine orientale dell’Europa, travolgendo i destini di milioni di
persone e riverberando i suoi effetti nefasti, a cominciare dall’Europa, in tutto il
Mondo. Nel volgere di pochi giorni l’orizzonte di vita dei popoli europei è cambiato
bruscamente. Il 24 febbraio non è esploso soltanto un conflitto fondato sulla
violenza delle armi, è dilagato in tutt’Europa lo spirito nefasto della guerra, si è
materializzata l’immagine del nemico ed è iniziata una mobilitazione bellica della
comunicazione, della cultura, delle coscienze. La condanna unanime della azzardata
aggressione russa all’ucraina si è trasformata velocemente nella acritica
accettazione della logica della guerra. Di fronte a questo disastro, segno tangibile del
fallimento della politica di sicurezza e cooperazione in Europa, le principali forze
politiche, non solo in Italia, con il conforto del fuoco di sbarramento unanime dei
mass media, hanno assunto il linguaggio della guerra e si sono esercitate in una
guerra delle parole contro il nemico. Contro il linguaggio della guerra, si è levato il
fermo monito di Papa Francesco, che nel suo primo intervento pubblico, all’Angelus
del 27 febbraio 2022, ha richiamato il principio pacifista solennemente affermato
dall’art. 11 della Costituzione italiana:

«In questi giorni siamo stati sconvolti da qualcosa di tragico: la guerra. Più volte
abbiamo pregato perché non venisse imboccata questa strada. E non smettiamo di
pregare, anzi, supplichiamo Dio più intensamente. Per questo rinnovo a tutti l’invito
a fare del 2 marzo, Mercoledì delle Ceneri, una giornata di preghiera e digiuno per la
pace in Ucraina. Una giornata per stare vicino alle sofferenze del popolo ucraino, per
sentirci tutti fratelli e implorare da Dio la fine della guerra.
Chi fa la guerra dimentica l’umanità. Non parte dalla gente, non guarda alla vita
concreta delle persone, ma mette davanti a tutto interessi di parte e di potere. Si
affida alla logica diabolica e perversa delle armi, che è la più lontana dalla volontà di
Dio. E si distanzia dalla gente comune, che vuole la pace; e che in ogni conflitto è la
vera vittima, che paga sulla propria pelle le follie della guerra. Penso agli anziani, a
quanti in queste ore cercano rifugio, alle mamme in fuga con i loro bambini… Sono
fratelli e sorelle per i quali è urgente aprire corridoi umanitari e che vanno accolti.
Con il cuore straziato per quanto accade in Ucraina – e non dimentichiamo le guerre
in altre parti del mondo, come nello Yemen, in Siria, in Etiopia… –, ripeto: tacciano le
armi! Dio sta con gli operatori di pace, non con chi usa la violenza. Perché chi ama la
pace, come recita la Costituzione Italiana, «ripudia la guerra come strumento di
offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie
internazionali» (Art. 11)».[17]
Lo spirito di guerra comporta una divisione manichea dell’umanità, per cui tutto il
male sta dalla parte del nemico e tutto il bene dall’altra. Non sono ammesse critiche
o dubbi, infatti, nei giornali italiani sono subito state stipulate le liste di proscrizione
dei “putiniani”.[18]
Contro la lettura manichea di questi tragici eventi, interviene il Pontefice con una
stupefacente chiarezza. Il 24 marzo 2022 intervenendo all’Incontro promosso dal
Centro Femminile Italiano sul tema: “Identità creazionale dell’uomo e della donna in
una condivisa missione” sfida apertamente la politica di riarmo della NATO,
definendola una pazzia:
«Penso che per quelle di voi che appartengono alla mia generazione sia
insopportabile vedere quello che è successo e sta succedendo in Ucraina. Ma
purtroppo questo è il frutto della vecchia logica di potere che ancora domina la
cosiddetta geopolitica. La storia degli ultimi settant’anni lo dimostra: guerre
regionali non sono mai mancate; per questo io ho detto che eravamo nella terza
guerra mondiale a pezzetti, un po’ dappertutto; fino ad arrivare a questa, che ha una

dimensione maggiore e minaccia il mondo intero. Ma il problema di base è lo stesso:
si continua a governare il mondo come uno “scacchiere”, dove i potenti studiano le
mosse per estendere il predominio a danno degli altri.
La vera risposta, dunque, non sono altre armi, altre sanzioni. Io mi sono vergognato
quando ho letto che non so, un gruppo di Stati si sono impegnati a spendere il due
per cento, del Pil nell’acquisto di armi, come risposta a questo che sta succedendo
adesso. La pazzia! La vera risposta, come ho detto, non sono altre armi, altre
sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione, un modo diverso
di governare il mondo ormai globalizzato – non facendo vedere i denti, come adesso
–, un modo diverso di impostare le relazioni internazionali. Il modello della cura è
già in atto, grazie a Dio, ma purtroppo è ancora sottomesso a quello del potere
economico-tecnocratico-militare.»[19]
Il 19 maggio 2022, in un colloquio con i direttori delle riviste culturali europee dei
Gesuiti, Francesco rompe il tabù manicheo e così si esprime:
«D. La Compagnia è presente in Ucraina, parte della mia Provincia. Stiamo vivendo
una guerra di aggressione. Noi ne scriviamo sulle nostre riviste. Quali sono i suoi
consigli per comunicare la situazione che stiamo vivendo? Come possiamo
contribuire a un futuro di pace?
R. Per rispondere a questa domanda dobbiamo allontanarci dal normale schema di
“Cappuccetto rosso”: Cappuccetto rosso era buona e il lupo era il cattivo. Qui non ci
sono buoni e cattivi metafisici, in modo astratto. Sta emergendo qualcosa di globale,
con elementi che sono molto intrecciati tra di loro. Un paio di mesi prima dell’inizio
della guerra ho incontrato un capo di Stato, un uomo saggio, che parla poco,
davvero molto saggio. E dopo aver parlato delle cose di cui voleva parlare, mi ha
detto che era molto preoccupato per come si stava muovendo la Nato. Gli ho
chiesto perché, e mi ha risposto: “”Stanno abbaiando alle porte della Russia. E non
capiscono che i russi sono imperiali e non permettono a nessuna potenza straniera
di avvicinarsi a loro“”. Ha concluso: “”La situazione potrebbe portare alla guerra“”.
Questa era la sua opinione. Il 24 febbraio è iniziata la guerra. Quel capo di Stato ha
saputo leggere i segni di quel che stava avvenendo.
Quello che stiamo vedendo è la brutalità e la ferocia con cui questa guerra viene
portata avanti dalle truppe, generalmente mercenarie, utilizzate dai russi. E i russi,
in realtà, preferiscono mandare avanti ceceni, siriani, mercenari. Ma il pericolo è che
vediamo solo questo, che è mostruoso, e non vediamo l’intero dramma che si sta

svolgendo dietro questa guerra, che è stata forse in qualche modo o provocata o
non impedita. E registro l’interesse di testare e vendere armi. È molto triste, ma in
fondo è proprio questo a essere in gioco.»[20]
Dopo il fallimento del negoziato di pace fra la delegazione russa e quella ucraina,
fatto abortire nell’aprile del 2022 per l’interesse di Stati Uniti e Gran Bretagna al
prolungamento della guerra[21], la parola negoziato è stata bandita dai radar della
politica ed esclusa da tutti i documenti ufficiali delle autorità politiche europee ed in
ambito NATO. Nessun negoziato, nessun compromesso viene proposto, l’obiettivo
definito dal partito unico della guerra è uno solo e indiscutibile: la vittoria. Un
documento del Parlamento europeo del 6 ottobre 2022 [22] mette in chiaro cosa si
intende per vittoria, la possibilità per l’Ucraina “di riacquisire il pieno controllo su
tutto il suo territorio riconosciuto a livello internazionale”, ivi compresa la Crimea,
nel frattempo divenuta una Repubblica autonoma inserita nella Federazione Russa.
Ovviamente i costi umani, l’inutile strage di centinaia di migliaia, se non di milioni di
esseri umani, sacrificati per perseguire il mito della vittoria, non vengono
minimamente presi in considerazione dalla politica che istiga al prolungamento e
all’escalation della guerra.
Contro i dogmi sanguinosi del partito unico della guerra, prende una posizione
chiarissima Francesco in nome dell’umanità e del diritto. Non si tratta di una
invocazione alla pace puramente dottrinale, il Pontefice, entra nel campo della
politica ed invita direttamente al negoziato i due principali protagonisti della guerra.
Il 2 ottobre 2022, rivolge un appello accorato: «L’andamento della guerra in Ucraina
è diventato talmente grave, devastante e minaccioso, da suscitare grande
preoccupazione. Per questo oggi vorrei dedicarvi l’intera riflessione prima
dell’Angelus. Infatti, questa terribile e inconcepibile ferita dell’umanità, anziché
rimarginarsi, continua a sanguinare sempre di più, rischiando di allargarsi. Mi
affliggono i fiumi di sangue e di lacrime versati in questi mesi. Mi addolorano le
migliaia di vittime, in particolare tra i bambini, e le tante distruzioni, che hanno
lasciato senza casa molte persone e famiglie e minacciano con il freddo e la fame
vasti territori. Certe azioni non possono mai essere giustificate, mai! È angosciante
che il mondo stia imparando la geografia dell’Ucraina attraverso nomi come Bucha,
Irpin, Mariupol, Izium, Zaporizhzhia e altre località, che sono diventate luoghi di
sofferenze e paure indescrivibili. E che dire del fatto che l’umanità si trova
nuovamente davanti alla minaccia atomica? È assurdo. Che cosa deve ancora
succedere? Quanto sangue deve ancora scorrere perché capiamo che la guerra non

è mai una soluzione, ma solo distruzione? In nome di Dio e in nome del senso di
umanità che alberga in ogni cuore, rinnovo il mio appello affinché si giunga subito al
cessate-il fuoco. Tacciano le armi e si cerchino le condizioni per avviare negoziati
capaci di condurre a soluzioni non imposte con la forza, ma concordate, giuste e
stabili. E tali saranno se fondate sul rispetto del sacrosanto valore della vita umana,
nonché della sovranità e dell’integrità territoriale di ogni Paese, come pure dei diritti
delle minoranze e delle legittime preoccupazioni. Deploro vivamente la grave
situazione creatasi negli ultimi giorni, con ulteriori azioni contrarie ai principi del
diritto internazionale. Essa, infatti, aumenta il rischio di un’escalation nucleare, fino
a far temere conseguenze incontrollabili e catastrofiche a livello mondiale. Il mio
appello si rivolge innanzitutto al Presidente della Federazione Russa, supplicandolo
di fermare, anche per amore del suo popolo, questa spirale di violenza e di morte.
D’altra parte, addolorato per l’immane sofferenza della popolazione ucraina a
seguito dell’aggressione subita, dirigo un altrettanto fiducioso appello al Presidente
dell’Ucraina ad essere aperto a serie proposte di pace. A tutti i protagonisti della vita
internazionale e ai responsabili politici delle Nazioni chiedo con insistenza di fare
tutto quello che è nelle loro possibilità per porre fine alla guerra in corso, senza
lasciarsi coinvolgere in pericolose escalation, e per promuovere e sostenere
iniziative di dialogo. Per favore, facciamo respirare alle giovani generazioni l’aria
sana della pace, non quella inquinata della guerra, che è una pazzia! Dopo sette
mesi di ostilità, si faccia ricorso a tutti gli strumenti diplomatici, anche quelli finora
eventualmente non utilizzati, per far finire questa immane tragedia. La guerra in sé
stessa è un errore e un orrore!»  [23]
Di fronte all’indifferenza della politica che pianifica la morte di migliaia di giovani e la
trasforma in uno strumento al servizio del potere, non si rassegna Francesco e nel
messaggio alla Conferenza europea dei giovani a Praga, il 6 luglio 2022, invita a
ribellarsi ai potenti che mandano i giovani a morire e propone come modelli due
splendidi esempi di obiezione di coscienza:
«Cari giovani, mentre voi state svolgendo la vostra Conferenza, in Ucraina – che non
è UE, ma è Europa – si combatte una guerra assurda. Aggiungendosi ai numerosi
conflitti in atto in diverse regioni del mondo, essa rende ancora più urgente un Patto
Educativo che educhi tutti alla fraternità.
L’idea di un’Europa unita è sorta da un forte anelito di pace dopo tante guerre
combattute nel Continente, e ha portato a un periodo di pace durato settant’anni.
Ora dobbiamo impegnarci tutti a mettere fine a questo scempio della guerra, dove,

come al solito, pochi potenti decidono e mandano migliaia di giovani a combattere e
morire. In casi come questo è legittimo ribellarsi!
Qualcuno ha detto che, se il mondo fosse governato dalle donne, non ci sarebbero
tante guerre, perché coloro che hanno la missione di dare la vita non possono fare
scelte di morte. Allo stesso modo mi piace pensare che, se il mondo fosse governato
dai giovani, non ci sarebbero tante guerre: coloro che hanno tutta la vita davanti
non la vogliono spezzare e buttare via ma la vogliono vivere in pienezza.
Vorrei invitarvi a conoscere una figura straordinaria di giovane obiettore, un giovane
europeo dagli “occhi grandi”, che si è battuto contro il nazismo durante la Seconda
guerra mondiale, Franz Jägerstätter, proclamato Beato dal Papa Benedetto XVI.
Franz era un giovane contadino austriaco che, a motivo della sua fede cattolica, fece
obiezione di coscienza di fronte all’ingiunzione di giurare fedeltà a Hitler e di andare
in guerra. Franz era un ragazzo allegro, simpatico, spensierato, che crescendo, grazie
anche alla moglie Francesca, con la quale ebbe tre figli, cambiò la sua vita e maturò
convinzioni profonde. Quando venne chiamato alle armi si rifiutò, perché riteneva
ingiusto uccidere vite innocenti. Questa sua decisione scatenò reazioni dure nei suoi
confronti da parte della sua comunità, del sindaco, anche di familiari. Un sacerdote
tentò di dissuaderlo per il bene della sua famiglia. Tutti erano contro di lui, tranne
sua moglie Francesca, la quale, pur conoscendo i tremendi pericoli, stette sempre
dalla parte del marito e lo sostenne fino alla fine. Nonostante le lusinghe e le
torture, Franz preferì farsi uccidere che uccidere. Riteneva la guerra totalmente
ingiustificata. Se tutti i giovani chiamati alle armi avessero fatto come lui, Hitler non
avrebbe potuto realizzare i suoi piani diabolici. Il male per vincere ha bisogno di
complici.
Franz Jägerstätter venne ucciso nella prigione dove era rinchiuso anche il suo
coetaneo Dietrich Bonhoeffer, giovane teologo luterano tedesco, antinazista, che
fece anch’egli la stessa tragica fine.
Questi due giovani “dagli occhi grandi” vennero uccisi perché rimasero fedeli fino
alla fine agli ideali della loro fede. Ed ecco la quarta dimensione dell’educazione:
dopo la conoscenza di sé stessi, degli altri e del creato, finalmente la conoscenza del
principio e del fine di tutto. Cari giovani europei, vi invito a guardare oltre, in alto,
per ricercare sempre il senso della vostra vita, la vostra origine, il fine, la Verità,
perché non si vive se non si cerca la Verità. Camminate con i piedi ben piantati sulla
terra, ma con sguardo ampio, aperto all’orizzonte, al cielo. (..)

E voglio concludere con un augurio: che siate giovani generativi, capaci di generare
nuove idee, nuove visioni del mondo, dell’economia, della politica, della convivenza
sociale; ma non solo nuove idee, soprattutto nuove strade, da percorrere insieme. E
che possiate essere generosi anche nel generare nuove vite, sempre e solo per
amore! Amore al vostro sposo e alla vostra sposa, amore alla famiglia, amore ai
vostri figli, e anche amore all’Europa, perché sia per tutti terra di pace, di libertà e di
dignità.»[24]
L’appello ai giovani di Papa Francesco è stato seppellito dal più gelido silenzio delle
Cancellerie, ignorato dai media e contestato apertamente dalla Chiesa cattolica
ucraina, che ha anteposto il “patriottismo” all’obiezione di coscienza alla guerra.
Dopo due anni di combattimenti e dopo una controffensiva disastrosa lanciata
nell’estate del 2023, l’esercito ucraino ha cominciato a risentire della mancanza di
uomini da sacrificare sul campo di battaglia. E’ iniziata così la caccia ai giovani da
reclutare, anche attraverso l’obbligo di rimpatrio per i residenti all’estero. Secondo
quanto ha riportato l’agenzia cattolica KNA, anche il vescovo di Odessa, Stanislaw
Szyrokoradiuk ha rotto il silenzio e ha chiesto ai suoi compatrioti, che sono adatti al
servizio militare ma sono fuggiti all’estero, di tornare in Ucraina: «Se amiamo la
nostra patria, dovremmo difenderla insieme». Un appello in piena regola a non
nascondersi e non abbandonare la patria. «Capisco che molti ragazzi ucraini
desiderano una vita normale in Europa. Ma allo stesso tempo, ci sono altri giovani
che hanno combattuto in prima linea nella guerra contro la Russia per più di due
anni. Questo è ingiusto» ha affermato Szyrokoradiuk. [25]
Purtroppo il grido di dolore di Papa Francesco è caduto nel vuoto. Due anni di guerra
catastrofica ed il fallimento in un mare di sangue della tanto invocata controffensiva
ucraina, non hanno insegnato nulla sull’insensatezza dei massacri in corso alla
frontiera orientale dell’Europa. In Europa si è consolidato un partito unico della
guerra, in cui confluiscono tutte le forze politiche di centrodestra e di centrosinistra.
E’ particolarmente inquietante che il Parlamento europeo, al termine del suo
mandato, con l’ultima risoluzione del 29 febbraio 2024[26], abbia continuato a
percorrere la strada dell’escalation del conflitto. Secondo il Parlamento europeo non
bisogna lasciare nessuna scelta alla Russia, non ci deve essere nessun negoziato per
porre fine alla guerra, nessuna mediazione fra gli interessi contrapposti. La guerra
deve finire necessariamente con la “vittoria” dell’Ucraina e con la sconfitta della
Russia. La vittoria consiste nel recupero manu militari da parte dell’Ucraina di tutti
territori perduti a partire dal 2014, ivi compresa la Crimea. In particolare, il

Parlamento Europeo: «ricorda l’importanza di liberare la penisola di Crimea,
occupata dalla Russia da ormai un decennio – e allo scopo – sostiene gli sforzi
dell’Ucraina volti a reintegrare la Crimea, in particolare la piattaforma per la
Crimea». Per consentire all’Ucraina di conseguire una vittoria militare, che al
momento appare impossibile, bisogna proseguire con la fornitura di aiuti militari
all’Ucraina “”per tutto il tempo necessario.“” Il sostegno militare deve essere
incrementato quanto bisogna: «per consentire all’Ucraina non solo di difendersi
dagli attacchi russi, ma anche di riconquistare il pieno controllo di tutto il suo
territorio riconosciuto a livello internazionale». Per questo non ci deve essere più
alcuna restrizione alla fornitura di sistemi d’arma più performanti e a lungo raggio:
«come i missili TAURUS, Storm Shadow/SCALP e altri  –di cui l’Ucraina ha bisogno,
assieme a– moderni aerei da combattimento, vari tipi di artiglieria e munizioni (in
particolare da 155 mm), droni e armi per contrastarli». Naturalmente tutto ciò ha un
costo, per cui il Parlamento Europeo: «appoggia la proposta secondo la quale tutti
gli Stati membri dell’UE e gli alleati della NATO dovrebbero sostenere militarmente
l’Ucraina con almeno lo 0,25 % del loro PIL annuo.» Il linguaggio della guerra si
alimenta di miti (come lo scontro fra autoritarismo e democrazia) per offuscare la
ragione collettiva e occultare la dimensione reale di sofferenza, distruzione e morte
che tali scelte politiche producono. Pretendere di disgregare la Russia, staccandone
la Crimea, che dal 2014 costituisce una Repubblica autonoma inserita nella
Federazione Russa, in virtù di una decisione assunta pacificamente dalla sua
popolazione con un referendum, vuol dire puntare all’umiliazione del nemico,
calpestare la volontà delle popolazioni locali, ed escludere ogni possibilità di
negoziato. Molto sangue sarà versato e non sarà solo sangue ucraino, destinato ad
esaurirsi. Se si continua su questa strada, come ci ha ricordato Macron, sarà
inevitabile l’invio di truppe di Stati europei.
In questo quadro desolato in cui tutte le istituzioni politiche nazionali ed europee,
sotto la spinta della NATO, lavorano per il prolungamento e l’escalation della guerra
e si preparano allo scontro diretto con la Russia, considerato inevitabile, stupisce
l’intervento di Francesco che scompagina le carte, il 9 marzo 2024, con un’intervista
rilasciata a Lorenzo Buccella, giornalista della Radio Televisione Svizzera.
Alla domanda del giornalista:
«InUcraina c’è chi chiede il coraggio della resa, della bandiera bianca. Ma altri
dicono che così si legittimerebbe il più forte. Cosa pensa?»

Francesco risponde:
«È un’interpretazione. Ma credo che è più forte quello che vede la situazione, pensa
al popolo e ha il coraggio della bandiera bianca e negoziare. E oggi si può negoziare
con l’aiuto delle potenze internazionali. Ci sono. Quella parola negoziare è una
parola coraggiosa. Quando tu vedi che sei sconfitto, che la cosa non va, avere il
coraggio di negoziare. E ti vergogni, ma se tu continui così, quanti morti (ci saranno)
poi? E finirà peggio ancora. Negoziare in tempo, cercare qualche Paese che faccia da
mediatore. Oggi, per esempio con la guerra in Ucraina, ci sono tanti che vogliono
fare da mediatore. La Turchia, per esempio … Non avere vergogna di negoziare
prima che la cosa sia peggio». [27]
Ci voleva il Papa per rompere il tetto di cristallo delle élite politiche europee, che
hanno nascosto sotto la sabbia la parola negoziato e hanno cancellato persino il
dubbio che la politica dovesse spendersi per la pace, invece di alimentare la guerra e
impiantare nuovi cimiteri. Questa volta la risposta del circo mainstream non è stata
il gelido silenzio. Queste parole hanno dato scandalo, da tutte le parti si è levato un
vespaio di polemiche, Bergoglio è stato accusato apertamente dal consigliere di
Zelensky, Mykhailo Podolyak, di essere “”filorusso“”. Il riferimento alla bandiera
bianca è stato in malafede interpretato come una richiesta di resa dell’Ucraina.
Invece il diritto internazionale pattizio e consuetudinario ci dice che la bandiera
bianca è il vessillo che si deve adoperare per rivolgere al nemico la richiesta di
negoziato, come previsto dall’art. 32 del Regolamento allegato alla IV Convenzione
dell’Aja dell’11 ottobre 1907.
Di fronte all’impazzimento collettivo della politica, le parole di realismo e di umanità
del Papa rompono un tabù, aprono uno squarcio nella tela di menzogne, di
irresponsabilità e di fanatismo con la quale tutti i principali attori politici cercano di
nascondere la realtà di una tragedia che si consuma sotto i nostri occhi e che noi
stessi continuiamo ad alimentare. Proseguire la guerra è un’inutile strage. Aprire un
negoziato, cercare la mediazione degli interessi contrapposti, invece che la vittoria e
l’umiliazione dell’avversario, è l’unica strada per evitare il martirio di un popolo,
sacrificato sull’altare degli opposti nazionalismi e di opposte strategie di potenza e
per evitare che il conflitto possa ulteriormente degenerare.
Le parole del Papa fanno scandalo perché introducono il “”principio di realtà“”,
mettendo in evidenza l’insensata irresponsabilità di una politica che non vuole
prendere atto che la guerra non può essere vinta, per cui proseguirla significa

provocare terribili sofferenze ai popoli coinvolti, senza ragione alcuna. Dall’estate
del 2023, dopo il fallimento della controffensiva ucraina, sono stati soprattutto i
militari a mettere in guardia dal proseguimento del conflitto, nel silenzio dei media,
sulla base del principio di realtà. Il 20 febbraio 2024 l’ex capo di stato maggiore
britannico Lord Julian Richards in una sorprendente intervista alla Bbc ha lanciato un
appello a porre fine alla guerra facendo una confessione di verità. Ha avvertito che
c’era da attendersi una prolungata guerra di trincea con pochi guadagni di territorio
e con migliaia di morti insensate, e ha chiesto la disponibilità dell’occidente a
negoziare la «pace in cambio di terra», visto che i guadagni russi erano stati ancora
ridotti. Secondo Lord Richards «stiamo chiedendo ai coraggiosissimi ucraini di
combattere una guerra che non siamo adeguatamente attrezzati per vincere – non
abbiamo nemmeno definito cosa possa significare “vittoria” – e che quindi
perderanno. È sempre più il caso di dire che dobbiamo negoziare con i russi».[28]
Con l’intervista alla TV svizzera, il Pontefice è andato oltre il magistero morale della
Chiesa, è intervenuto direttamente sul terreno politico, ha parlato come un leader
politico, svergognando gli altri leader politici che si sono arruolati nel partito unico
della guerra.
Queste parole sono come pietre, vanno al cuore dei problemi per le verità semplici e
tragiche che esprimono e mettono in braghe di tela la politica dell’Occidente,
disvelandone il volto velleitario e necrofilo. Quello del Papa è un richiamo alla realtà
e un monito al rispetto dei valori fondamentali dell’umanità.
6. Defensor iuris humanitatis
In conclusione, in un epoca storica in cui i principi dell’ordine pubblico
internazionale, posti a base della fondazione dell’ONU e della Dichiarazione
Universale dei Diritti umani, sono degradati fino al punto di restaurare la guerra
come strumento ordinario al servizio della politica; in cui sono stati rinnegati i
processi di distensione e collaborazione internazionale, che avevano avuto il loro
culmine nell’indimenticabile 1989; in cui ai processi di disarmo è stata sostituita una
forsennata corsa agli armamenti, anche nucleari, fino al punto che le lancette
del Doomsday Clock (l’orologio  dell’apocalisse) sono state spostate a soli 90 secondi
dalla mezzanotte, quando nel 1991 le lancette indicavano 17 minuti; in cui il
Segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha dichiarato che i membri della
NATO devono prepararsi a un possibile scontro con la Russia che potrebbe durare
decenni e ha definito, per la prima volta la NATO “”un’Alleanza nucleare“”; in cui il

Presidente serbo Aleksandar Vucic in una drammatica intervista al settimanale
svizzero Weltwoche, paventa che: «ci restano solo tre o quattro mesi prima della
catastrofe»[29]; in quest’epoca drammatica il Pontefice si affaccia alla Storia come
l’unico leader politico a livello mondiale che si oppone alla catastrofe e lo fa
rivendicando le ragioni del diritto, di quel patrimonio morale che aveva fatto
balenare, dalle tenebre della Seconda guerra mondiale, la visione di un’umanità
liberata per sempre dal ricatto della violenza, dal flagello delle guerre e degli
olocausti. Al di là dell’aspetto religioso, sotto il profilo politico la sua figura si staglia
nella Storia come Defensor iuris humanitatis.

[1] H. Kelsen, Peace through Law, New York, Garland Publishing, Inc., 1973, pp. 58, 135, trad. it.
Torino, Giappichelli, 1990.
[2] R. La Valle, Prima che l’amore finisca, Ponte alle Grazie, Milano, pag. 197
[3] A. C. Cialdino, Guerra (dir. Intern.), in Enciclopedia del diritto, Giuffrè, pag. 874
[4] I. Mancini, L’ethos dell’Occidente, Marietti, Genova, 1990
[5] Papa Francesco, messaggio alla 52ma giornata mondiale per la pace, 2019, in Vatican.va
[6] Discorso all’Assemblea Generale dell’ONU, New York, 25 settembre 2015
[7] Udienza generale, Biblioteca del Palazzo apostolico, 10 marzo 2021
[8] Papa Francesco, enciclica Fratelli tutti, 2020 in Vatican.va
[9] Messaggio del Santo Padre Francesco alla conferenza dell’ONU finalizzata a negoziare uno
strumento giuridicamente vincolante sulla proibizione delle armi nucleari, che conduca alla loro
totale eliminazione, Vaticano 23 marzo 2017
[10] Messaggio di Papa Francesco alla Conferenza di Vienna sull’impatto umanitario delle armi
nucleari, 2014 in Vatican.va
[11] Discorso del Santo Padre Francesco, Memoriale della Pace (Hiroshima), domenica, 24
novembre 2019
[12]L’Osservatore Romano, Anno CLXII n. 140, martedì 21 giugno 2022, p. 3.
[13] S. A. Aldeeb Abu-Sahlieh, Les Musulmans face aux droits de l’homme, Dr. Dieter Winkler,
1994, p. 674
[14] Cfr E. Pace, La Dichiarazione del Cairo sui diritti umani nell’Islam, in Pace, diritti dell’uomo,
diritti dei popoli (2/1992), CEDAM
[15] Il testo è pubblicato da Università degli Studi di Padova unipd-centrodirittiumani.it

[16] Papa Francesco, Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza
comune, Abu Dhabi, febbraio 2919, in Vatican.va
[17] Papa Francesco, Angelus del 27 febbraio 2022, in Vatican.va
[18] Sulle liste di proscrizione redatte dai principali quotidiani italiani, si veda: M. Travaglio, Scemi
di guerra, Paper first, 2023
[19] Papa Francesco, Discorso al Centro femminile italiano, marzo 2022 in Vatican.va
[20] E’ cominciata la terza guerra mondiale, in chiesadituttichiesadeipoveri.it
[21] Un ampio e dettagliato resoconto delle trattative di pace fra Ucraina e Russia, svoltesi nel
mese di marzo 2022, fallite per il boicottaggio del Premier inglese Boris Johnson, è stato
pubblicato dalla rivista “Foreign Affairs” del 16 aprile 2024, ripreso dal Fatto Quotidiano del 18
aprile 2024
[22] Risoluzione del Parlamento europeo del 6 ottobre 2022 sull’escalation della guerra di
aggressione della Russia contro l’Ucraina (2022/2851(RSP))
[23] Papa Francesco, Angelus del 2 ottobre 2022, in Vatican.va
[24] Papa Francesco, Messaggio alla Conferenza dei giovani, luglio 2022, in Vatican.va
[25] secondo quanto ha riportato l’agenzia cattolica KNA, 3 maggio 2024, in Peacelink.it
[26] Risoluzione del Parlamento europeo del 29 febbraio 2024 sulla necessità di un fermo sostegno
dell’UE all’Ucraina dopo due anni di guerra di aggressione della Russia contro il Paese
(2024/2526(RSP))
[27] Il testo integrale dell’intervista è consultabile su chiesadituttichiesadeipoveri.it
[28] Citato da M. Kohler, il Manifesto del 14 giugno 2024
[29] Citato da M. Travaglio, il Fatto Quotidiano del 21 giugno 2024